Come abbiamo iniziato a comprendere nella prima parte dell’articolo, il modo di vivere il preparare, l’offrire e il condividere il cibo può essere rappresentativo dei modelli relazionali dei genitori. Cominciamo a vedere i primi due:
Il ricatto emotivo
“Ma che bravo questo bambino, ha mangiato proprio tutto! È l’amore della mamma!”
“Mangia tutta la pappa, così la mamma ti vuole bene!”
Chi di noi avrebbe, in coscienza, pensato che una frase del genere, quando ripetuta frequentemente, potesse avere in sé un nucleo potenzialmente negativo?
È il ripetersi del messaggio a passare un contenuto implicito del tipo: “ti amo se fai quello che ti dico io, non ti amo se fai quello che senti”.
Questo tipo di indicazione rinforza la strutturazione di una personalità di facciata: il bambino calpesta ciò che sente per adeguarsi alle richieste esterne ed è portato all’apprendimento della manipolazione come strumento relazionale.
La negazione del sentire
“Ma come non ti piace la pappa? L’ha preparata la mamma con tanto amore?”
“Non ti piace? Ma cosa dici! È buonissimo!”
In altre situazioni arriviamo addirittura a negare direttamente il sentire del bambino, pensando che lui stia facendo un capriccio perché vorrebbe mangiare solo ciò che più ama. Gli passiamo così un messaggio forte: “quello che senti tu è sbagliato, devi sentire quello che sento io”.
Questo genere di comunicazione, quando è ripetuta a lungo, rinforzerà un suo allontanarsi dal corpo e una perdita di fiducia in se stesso e nelle sue sensazioni, che considererà non affidabili.
È chiaro quanto sia complesso comprendere qual è il confine tra: educare a sperimentare un gusto nuovo e mangiare in modo equilibrato vs. soffocare la volontà del bambino.
In questa società sempre più malata, dove gli agenti inquinanti arrivano anche nelle colture biologiche, dove la diffidenza diventa necessaria alla sopravvivenza, è ancora più difficile essere genitori equilibrati.
Ci troviamo infatti in un conflitto tra la buona pratica legata anche alla realtà esterna, con le regole base per sostenere i nostri figli nello sviluppo di una crescita sana e lo sviluppo della loro indipendenza che si manifesta con la ribellione alle nostre rigide direttive.
Provare a rispettare il sentire dei figli, senza assecondarli in tutto e rimanendo fermi sulle regole sembra un’impresa quasi impossibile.
Eppure è interessante osservare come possa trasformarsi la comunicazione delle frasi sopra se leviamo il giudizio nelle prime, consentiamo il sentire nelle seconde, pur rimanendo fermi sulla regola:
“Hai mangiato proprio tutto! Accipicchia!”
“Ti senti di mangiare tutto? No? Magari la prossima volta partiamo dall’insalata che alla tua pancia serve proprio per stare bene.”
“Non ti piace? Mi dispiace, però fa bene alla tua pancia, ha bisogno anche dei broccoli per poter mangiare il cioccolato, se mangi solo quello poi alla lunga la pancia si ammala.”
Leggi il seguito:
Il cibo come nutrimento affettivo -terza parte- Premi vs. Punizioni e Inganno
Il cibo come nutrimento affettivo Conclusioni