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Educare al comprendere II:
Come limitare i figli senza spegnere la spontaneità

Proviamo a fare un gioco di parole. Prendiamo la parola: Limitare e leviamo la L, rimane: Imitare!

Etimologicamente la due parole hanno due radici differenti, eppure è risaputo che si apprende imitando, per cui trovo affascinante che l’una contenga l’altra!

Siamo portati a pensare che bambini e ragazzi apprendano la capacità di regolarsi se mettiamo loro dei limiti, in realtà le cose non stanno proprio così. I ragazzi vengono educati principalmente dai nostri modi, dunque da come noi stiamo proponendo loro questi benedetti limiti!

 

Se cerco di regolarli urlando o alzando le mani, apprenderanno anche loro ad urlare o a paralizzarsi per lo spavento.

 

Se respiro, mitigo la mia irritazione e poi intervengo in modo deciso, ma calmo. Col tempo passerò loro questa capacità di fermarsi per occuparsi di quello che stanno provando, invece di sfogarlo sugli altri.

 

Se creativamente trasformo la situazione difficile in un gioco, come nel filmato qui sotto, sfrutto il loro comportamento sgradito rispecchiandolo. Così facendo li aiuto a stemperare l’emozione difficile e a vedersi allo specchio!

 

 

 

Va bene essere rigidi e improntare l’educazione con regole militari o è meglio essere morbidi e lasciare che i bambini ci arrivino da soli?

Se i “paletti” che mettiamo sono troppi o troppo rigidi possono limitare l’autonomia del ragazzo, non dando respiro a uno sguardo, che rimane sempre schiacciato dalla regola imposta e non sentita.

Se ne mettiamo  troppo pochi, lasciando che scelgano sempre i bambini, prepariamo il terreno a problematiche nella gestione dei confini e, in entrambe i casi a disturbi ansiosi.

 

L’ideale sarebbe orientarsi su poche regole, chiare e solide, dalle quali non ci si smuove, che vengono condivise anche relativamente al loro senso. Come sceglierle? Interrogandosi!

I limiti che il genitore pone al figlio, per essere costruttivi necessitano di essere legati alla sostanza delle cose e non alla forma, ad esempio:

 

“non saltare giù dal muretto”        perché ti fai male –sostanza-

“non piangere”       perché ci guardano tutti –forma-

 

Il limite consente al bambino di incontrare la frustrazione, questa ha un valore strutturante su tutti i fronti: corporeo, emotivo, cognitivo e relazionale. Cosa c’è di buono nell’incontrare la frustrazione?

Che il ragazzo impara che il Mondo non gli deve nulla, diversamente dal genitore, non è lì per soddisfarlo, per cui l’attesa, la mancata immediata soddisfazione dei suoi desideri va allenata durante infanzia ed adolescenza, così che il giovane uomo che emergerà sappia gestire quelle sensazioni interne, senza dare di matto all’esterno!

 

In altre parole, se il genitore previene spesso i desideri del figlio non gli consente di sviluppare due funzioni basilari per la solidità emotiva:

  • la mentalizzazione di un bisogno insoddisfatto:

Sono triste o arrabbiato perché mi manca questa cosa, lo sento nel corpo e lo riconosco dentro di me.

 

  • la spinta, il movimento che lo porterà a sviluppare le risorse per uscire da questa frustrazione:

Mi dico che sono triste o arrabbiato e poi lo esprimo agli altri, uso l’energia di queste emozioni per muovermi verso il mondo in modo coerente con ciò che provo.

 

Se non sento la mancanza di qualcosa, non mi industrio per cercarla e non imparo come cavarmi fuori dalle situazioni difficili!

 

 

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Foto di copertina tratta da: https://www.gallerynucleus.com/gallery/214/exhibition

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