Uno psicoterapeuta in viaggio per rivisitare i suoi pazienti più memorabili.
Autore: Robert U. Akeret
Editore: Pratiche P Editrice (1995)
Perché leggere il libro? (di Chiara Giudici)
La fine delle storie a cui un analista co-partecipa per un pezzo di strada non gli è mai nota, perché la terapia finisce e le persone vanno per la loro strada. Akeret, contro tutte le consuetudini, si imbarca in viaggio andando a trovare ex pazienti per verificare l’esito del suo lavoro. È stato utile alle persone che ha seguito? La psicoterapia ha cambiato in meglio la loro vita? Cosa significa migliorare per un paziente? È come intende il miglioramento l’analista? La libera scelta del paziente nel definire la sua direzione personale collima sempre con l’idea di crescita insita alla psicoterapia? Spunti di riflessione preziosi per terapeuti e pazienti.
Quarto di copertina: «Il mio mondo è sovraccarico di prologhi, ma privo di finali. È come se qualcuno avesse strappato le ultime pagine di tutti i romanzi della mia» Spinto da questa riflessione, in un mattino assolato di aprile, uno psicoterapeuta di fama, con 35 anni di professione alle spalle, si mette in strada alla ricerca dei suoi pazienti più memorabili per conoscere la fine di tutte le loro storie. Che ne è stato di Naomi, la bella infelice ragazza ebrea del Bronx, che si credeva una ballerina andalusa di flamenco? Era un caso di scissione della personalità o, semplicemente, un modo per sopravvivere? E di Charles, l’ammaestratore del circo perdutamente innamorato di un orso bianco? Ha resistito alla sua folle ossessione erotica? E Seth, con le sue cruente fantasie di sesso e morte che lo rendevano incapace di un normale rapporto d’amore, è riuscito a vincere i suoi impulsi sanguinari? Mary ha ucciso ancora? Sasha ha ritrovato l’ispirazione per scrivere e, con essa risanato il suo rapporto con «l’altra metà del cielo»? In un libro autobiografico, scandito come un romanzo è ricco di suspense, Akeret solleva alcuni interrogativi coraggiosi riguardo all’efficacia della psicoterapia, suggerendo la necessità di comprendere la realtà umana dietro il caso clinico, di trovare un percorso personale al di là di qualsiasi ortodossia.
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